Surrealisti ed espatriati by Josephson Matthew

Surrealisti ed espatriati by Josephson Matthew

autore:Josephson, Matthew [Josephson, Matthew]
La lingua: ita
Format: epub
editore: Minimumfax


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LA VIA VERSO IL SURREALISMO

LE avventure degli amici francesi continuavano a occupare la mia attenzione più di ogni altra cosa anche quando ero lontano, a Berlino. Con quanta ansia aspettavo le lettere che mi raccontavano le loro più recenti follie! Infine durante due visite di un paio di settimane, che feci a Parigi nell’inverno e all’inizio della primavera del 1923, ripresi i contatti diretti con loro.

Quando li avevo lasciati, circa sei mesi prima, erano tutti infervorati a proposito dell’ultima trovata, la «scrittura automatica», che traeva l’ispirazione da un’opera di Breton e Soupault pubblicata nel 1921, Les champs magnétiques. Si trattava di una serie di prose senza intreccio né personaggi né ordine stabilito di svolgimento di un soggetto qualsiasi, che gli autori dichiaravano di aver scritto automaticamente sotto dettatura del loro inconscio. Soupault aveva avuto sempre l’abitudine di scrivere sotto lo stimolo del momento, al modo spontaneo e senza sforzo di Apollinaire, e Breton, dilettante di psicanalisi, era avvezzo da tempo a buttar giù sulla carta frammenti dei suoi sogni e delle sue fantasticherie. Avevano composto insieme perciò Les champs magnétiques: uno dei due offriva all’altro un sostantivo o un verbo, e questi scriveva con la maggior rapidità possibile le parole che gli venivano «automaticamente», senza nessun riguardo per l’effetto letterario: una specie di insalata mista in cui si affastellavano le immagini e le frasi più bizzarre, senza un seguito coerente di idee tra una frase e l’altra. In breve, tutti i confratelli di Breton furono occupati a imitarli.

Anch’io talvolta mi ero unito al gioco della composizione automatica, inscenata di solito in un rumoroso caffè, insieme con Aragon e con altri due o tre, per buttar giù qualunque associazione di idee ci capitasse in mente, sebbene per lo più la mia libido producesse soltanto deboli balbettii. Come osservai a quel tempo, a forza di bere «una gran quantità di birra e di scrivere il più velocemente possibile, in gara con gli altri, dopo due o tre ore si era tanto storditi che il subconscio poteva cominciare a funzionare un pochino».

Anche i pittori venivano incoraggiati a tentare disegni o ghirigori automatici, e a parer mio se la cavavano molto meglio degli scrittori. Picasso stesso tentava simili esperimenti, i quali tuttavia difficilmente avrebbero potuto essere nuovi stimoli, per un artista tanto pieno di risorse e di facoltà inventiva. Ma quando ripresi ad aggirarmi per Parigi al principio dell’inverno, i miei amici avevano già abbandonato la scrittura automatica per qualcosa di nuovo.

Aragon ci accolse affettuosamente alla stazione e ci annunciò che dovevamo pranzare alla svelta per correre con lui a casa di Paul Éluard, dove si sarebbe tenuta una seduta di psicanalisi fra amici: ognuno avrebbe recitato i propri sogni per farli analizzare dagli altri.

Io esclamai, ridendo: «Ma al Greenwich Village a New York, ci facevamo psicanalizzare tutti, sei o sette anni fa!» «Ma qui è diverso», mi promise Aragon. «Vedrai!»

Ritrovammo in casa Éluard il famoso terzetto di Imst: Paul, Gala e Max. A Parigi, Ernst era stato ricevuto a braccia aperte dai letterati



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